Nemo: la forza di una visione che seduce poco l’Italia

Ma può esistere davvero un politico spedito a fare uno stage dentro un Museo in qualche parte d’Europa? Sembra impossibile, quasi comico, eppure questi stage ci sono stati e continuano ad esserci. Li organizza il progetto Political Internships in Museums ad opera di NEMO, la rete dei musei europei. L’acronimo corrisponde infatti a Network of European Museums Organisation.
La rete NEMO nasce nel 1992, quando l’Unione Europea come la conosciamo oggi nemmeno esisteva. Nel momento in cui si andava concretizzando il sogno del mercato comune europeo, qualcuno ha giustamente pensato che non soltanto le risorse economico-finanziarie ma anche quelle culturali dovessero essere al centro di un altro sogno comune: proprio da questa intuizione è nata la rete dei musei europei. NEMO non è però una struttura organica all’Unione Europea ma si articola come semplice struttura di rete che non coordina, bensì mette in condivisione, le esperienze e le risorse dei musei dell’Unione.
L’adesione a Political Internships in Museums è forse una delle più simpatiche e provocanti iniziative che una struttura museale possa mettere in atto. Attraverso uno stage in una struttura espositiva aderente al network, si obbligano infatti i politici ad essere messi, senza filtri, davanti alle reali esigenze quotidiane delle strutture museali, facendo loro scoprire quanto lavoro, passione e risorse ci vogliano per sostenere il grande compito che una realtà culturale di questo tipo porta sulle proporie spalle. Un museo è diventato oggi, quasi per antonomasia, un centro di promozione culturale che però troppo spesso si trova costretto a svolgere questo fondamentale ruolo senza adeguati finanziamenti e risorse.
Ma i progetti della rete NEMO sono molti di più e vanno dal potenziamento della presenza digitale all’interno dei musei, alla possibilità di favorire la mobilità internazionale degli operatori museali fra le strutture aderenti alla rete, e arrivano fino all’elaborazione di progetti che vedono il potenziamento del settore del restauro e della cura dei beni culturali.
L’ambizione di NEMO, tra l’altro, è quella di diventare una grande realtà, di dimensione “ecumenica”: si pensi che già oggi la sua attività si articola ben oltre i confini geografici dell’Unione. È stato infatti avviato un progetto che vede l’inclusione anche di paesi come Georgia e Azerbaijan nell’ottica di ottimizzare, grazie alla collaborazione ed all’esperienza condivisa dei più dei 100 musei aderenti al network, il settore museale presente nella zona sud-caucasica.
Fra condivisione delle esperienze e capacità di visione strategica, tramite l’ottimizzazione delle risorse e la ricerca continua all’interno del settore, la rete NEMO può oggi essere un esempio virtuoso per l’UE, dimostrando anche come una struttura in grado di offrire prospettive di lunga durata ed un miglioramento concreto del settore sia assolutamente attrattiva e non repulsiva: come spesso, purtroppo, è risultata in passato l’Unione. All’UE, infatti, spesso era proprio mancata quella prospettiva strategica di lungo periodo, pragmatica ed aggregante, che solamente in tempi recenti abbiamo iniziato nitidamente ad intravedere con il varo dei programmi europei nati per fronteggiare l’emergenza COVID.
Sarebbe bello concludere qui questo articolo, ma purtroppo occorre fare un ultimo rilievo negativo, e purtroppo a carico del nostro Paese, che francamente ci lascia l’amaro in bocca. Al contrario di altri grandi e piccoli Paesi europei l’Italia infatti vede pochissimi enti museali all’interno del network NEMO. Consultando la lista dei suoi membri sul sito ufficiale di questa rete, possiamo vedere come, al contrario di paesi come Germania, Francia e Spagna nei quali i rispettivi Ministeri della Cultura risultano aderenti alla rete, il MIBACT, il nostro Ministero dei Beni Culturali, sia desolatamente assente.